A seguire, il dialogo finto ma non troppo tra me e chi mi contatta per capire, spinto da forte curiosità e legittimo sospetto, chi è un coach, cosa fa e a cosa serve.
Vorrei provare ‘sto coaching, ormai è una moda, lo fanno tutti. Magari giusto un paio di sedute, per vedere l’effetto che fa.
Perché no?! Però io non sono una psicologa e quelle con me non sono sedute, ma sessioni. Come quelle in palestra.
Seduta, sessione, che differenza fa?
Tantissima. Tutta quella che passa tra un paziente con un problema da trattare e un cliente con un obiettivo da raggiungere.
Guarda, io così su due piedi non lo so se il mio è più un problema o più un obiettivo, in ogni caso il coaching è sempre la soluzione migliore, giusto? La più efficace in tempi brevi, vero?
Non è detto. Intanto, il coaching è del tutto inutile in presenza di disturbi importanti come la depressione, gli attacchi di panico o le dipendenze. Qui ci vuole per forza uno psicologo, se non uno psichiatra. Ma non funziona nemmeno se quel che vuoi è diventare consapevole del perché e del percome provi quel che provi, ragioni come ragioni e ti comporti come ti comporti. Anche qui, quello che fa al caso tuo è la psicoterapia, o la psicoanalisi, o il counseling.
Perché, con il coaching non si diventa consapevoli?
Sì, può succedere, anzi, succede praticamente sempre, ma – come dire?! – è incidentale, perché il focus è un altro. Il focus del coaching non è capire, è agire. Perché puoi essere consapevole quanto ti pare ma se dalla consapevolezza non passi all’azione, resti dove sei. Quindi il coaching fa per te solo se hai voglia di darti da fare per ottenere dei risultati.
Sì, ecco, brava, io voglio ottenere dei risultati.
Bene. E da 1 a 10 quanto ti impegnerai per ottenerli?
7, credo.
Mmm. E cosa c’è tra credi 7 e 10?
Mettiamola così, non me la sento di dire di più perché non voglio fare troppa fatica, sai com’è, ho già un lavoro stressante e una vita frenetica.
Allora lascia stare, salutiamoci qui.
Ma come?! A te non conviene avermi come cliente comunque?
Per niente. Se tu non hai voglia di darti da fare, il tuo percorso è automaticamente destinato a fallire e alla fine la tua opinione del coaching, e di me in particolare come coach, sarà pessima. E, tu capisci, a me non interessa avere in portfolio case history di fallimenti. Io voglio clienti determinati ad avere successo, e pretendo che per raggiungerlo si mettano in gioco veramente, sia in sessione sia tra una sessione e l’altra.
Ecco, appunto, cosa succede esattamente in una sessione?
Tu parli, io ascolto. Per essere più precisi, tu parli per circa l’80% del tempo e io per il restante 20%.
Quindi la fatica la faccio solo io?
No, è pesante anche per me, credimi, alla fine di una giornata di sessioni sono spossata.
Sei spossata perché stai a sentire?
No, sono spossata perché ascolto, che è una cosa molto diversa dallo stare a sentire. Io ti ascolto in ogni tua sfumatura, verbale e non, ti ascolto anche quando non parli, ti ascolto se gesticoli o se smetti di gesticolare, ascolto te e la tua energia, come si muove e dove va, e ogni tanto, al momento opportuno, ti restituisco quello che ho ascoltato.
Cosa vuol dire che me lo restituisci?
Vuol dire che ti faccio notare quello che ho notato. Tu puoi dirmi che ci sono andata vicino o che sono fuori strada, che ho capito al volo o che non ho capito una mazza. Oppure puoi rimanere in silenzio e rifletterci sopra.
E a cosa serve, scusa?
Di solito serve ad aprire porte finora rimaste chiuse, oppure nascoste.
Cioè?
Cioè, nel restituirti quello che mi hai comunicato, io ti faccio da specchio. Tu non conosci per davvero i tuoi ragionamenti e i tuoi atteggiamenti finché non li vedi riflessi, li sai a memoria da dentro ma non li vedi mai da fuori, e solo quando io te li restituisco ti rendi conto che non ti stanno così bene come credevi.
E a quel punto cosa succede?
Succede che smetti i tuoi soliti pensieri, te li sfili e inizi a provarne degli altri, ed è così che ti accorgi che, per esempio, non sei più bloccato, perché col pensiero nuovo accade che il portone blindato resta blindato ma diventa scorrevole e si spalanca in un attimo. Oppure, là dov’eri convinto che ci fosse solo un muro, c’è invece una botola, oppure una scaletta a pioli, addirittura un ascensore.
E queste cose, quando le trovo, dove mi portano?
Più vicino a dove vuoi arrivare, qualunque sia la tua destinazione.
E quanto tempo ci metto, a trovarle?
Mettiamola così: se hai un obiettivo chiaro e una motivazione forte, nel giro di qualche sessione svolti. E se non svolti, vuol dire che qualcosa non quadra. Forse il tuo vero obiettivo è un altro, forse non vuoi veramente raggiungerlo perché raggiungendolo perderesti qualcosa a cui sotto sotto tieni di più, o forse chissà, va capito.
E se invece funziona? Lì me ne accorgo?
Altroché. Se funziona, sei la persona più felice del mondo, anche solo perché non cadi più nelle trappole dei tuoi paradigmi disfunzionali.
Non ho capito. Cosa significa?
Hai ragione, mi spiego meglio. Abbiamo tutti delle convinzioni che ci limitano, il fatto è che ci siamo affezionati, per cui preferiamo tenercele, persino quando sostituirle ci farebbe stare meglio.
Ok, ok, però se ti pago è per avere consigli, voglio che tu mi dica cosa devo fare e come devo farla.
Non illuderti, non accadrà. Il mio lavoro non è suggerirti soluzioni mie ai tuoi problemi, o le strategie che attuerei io se avessi i tuoi progetti di vita. Il mio lavoro è far sì che tu arrivi a generare da te le tue soluzioni e le tue strategie.
Insomma, tu non fai niente.
Dici?
Ennò, sei tu a dirlo. Ascolti quasi tutto il tempo, parli poco e niente e non mi dici nulla di nuovo, nulla che non ti abbia già detto io.
Proprio così. Anzi, no, ti faccio anche un sacco di domande.
Che tipo di domande?
Aperte. Diverse dalle domande a cui sei abituato. Nessuno ti fa mai delle domande così, e infatti non hai la risposta pronta. Sono bizzarre, a volte fastidiose, spesso provocatorie. Qualcuno le chiama “potenti”. In effetti, a volte ne basta una per cambiarti la vita.
Mi prendi per il culo?
No. A oggi il coaching è il modo più efficace che si conosca per generare nuovi comportamenti.
Per questo costa così tanto?
Tanto. Poco. Non saprei. Dipende da che valore gli dai. Quanto vale per te il tuo obiettivo? Quanto sei disposto a investire nel tuo futuro? La vita che vuoi vale di più o di meno di una vacanza all’altro capo del mondo? Di un’iscrizione al golf club? Di un intervento di medicina estetica? Lo puoi sapere solo tu, quanto vale per te la vita che vuoi.
Guarda che hai fatto solo esempi di cose per niente indispensabili.
Certo. Perché anche il coaching non lo è. Voglio dire. Nessuno ha veramente bisogno di un coach. Neanche tu. Puoi tranquillamente farne a meno, e andare avanti come hai fatto finora. Insomma, non te lo ordina il medico di esprimere al massimo il tuo potenziale. Di esplodere i tuoi talenti. Di essere una persona felice, di successo, realizzata, qualunque cosa significhi per te.
Wow! Messa così, in effetti, suona bene.
Cosa ti dicevo prima? Il coaching ti cambia la vita. Non esagero, è così, lo vedo succedere di continuo ai miei coachee, e lo vedo succedere a me.
Vuoi dire che anche tu hai un coach?
Per l’esattezza ne ho tre, al momento. Più due mentori.
Davvero?
Ma certo. Potrei farne a meno? Assolutamente sì. Vorrei farne a meno? Assolutamente no. Sono una persona e una professionista migliore, grazie a loro.
Senti, un’ultima cosa. Quando iniziamo?
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